Casale S. Eusebio si trova all’incirca un chilometro a sud del tredicesimo chilometro della via Tiburtina attuale. Esso è posto su uno sperone tufaceo di una quarantina di metri di altitudine che sovrasta un’ansa del fiume Aniene, in posizione dominante rispetto al circondario, e la sua alta torre si riconosce a distanza dall’odierno Grande Raccordo Anulare; tutta la sommità dell’altura è cinta inoltre da un potente muro in blocchi di tufo.
Si deve allo studioso Jean Coste la corretta identificazione del casale.
Il primo documento relativo al monumento è un atto di vendita del 1289 con cui i Papazzurri (famiglia di quella élite aristocratica romana che era composta da mercanti – i romani mercatores – e dall’aristocrazia senatoria del Comune capitolino) vendono il casale allora definito de Bulagariis al convento romano dei Celestini di S. Eusebio, dei quali conserverà il nome; nei secoli XVI-XVII la proprietà passerà alla famiglia Cesi, divenendo parte della enorme tenuta di Marco Simone, ed infine dalla fine del XVII e ancora nel XIX al Principe Borghese.
L’elemento di spicco del complesso è indubbiamente la alta torre (circa m. 26): essa presenta alla base un grosso zoccolo di lastroni di travertino di reimpiego (come confermato da recenti scavi archeologici, probabilmente provenienti da una villa romana dei dintorni), mentre l’alzato è costituito da una muratura in blocchetti di tufo rosso pressoché completamente a vista, con diversi interventi di restauro tra cui particolarmente evidente quello in laterizi sui lati a sud ed est. La torre presenta feritoie ai piani inferiori, finestre con cornice in travertino a quelli superiori ed un apparato a sporgere con merlatura “guelfa” (cioè quadrata); nella muratura in tufelli si riconoscono molte delle buche pontaie utilizzate dai ponteggi di costruzione.
Attualmente la dimora è residenza privata e prossima Fondazione di Arte e Cultura.